Catania, 8 febbraio 2019: sono trascorsi nove giorni da quando 47 immigrati sono sbarcati a Catania dalla Sea Watch, la nave della ONG tedesca che aveva soccorso quelle vite umane in pericolo.
CATANIA, 8 febbraio 2019: la Sea Watch 3 è ancora ormeggiata al porto di Catania, impossibilitata a muoversi per una serie di controlli, e noi, studentesse e studenti, professoresse e professori del Liceo Classico Statale Nicola Spedalieri abbiamo sentito ancora una volta scosse le nostre coscienze. Il suono della campanella è il nostro via, finita la quinta e ultima ora di lezione del giorno, in otto, piccola delegazione della scuola, raggiungiamo il Porto.
Il sole è alto e in fondo al molo, dove ancora campeggiano i gazebo noleggiati dal Ministero dell’Interno per le operazioni di sbarco, ci accolgono i membri dell’equipaggio dell’imbarcazione; ci presentiamo col nostro inglese stentato da italiani ma capiamo presto che la lingua non potrà rappresentare una frontiera invalicabile: siamo insieme a egiziani, statunitensi, tedeschi e olandesi, a rappresentare solo alcune delle nazionalità che con quella nave hanno deciso di fare del mondo e del mare la propria casa.
Chiacchieriamo con Christian, l’unico membro dell’equipaggio in grado di parlare italiano e decidiamo di fargli qualche domanda: abbiamo il bisogno di guardare più da vicino ciò che accade ogni giorno intorno a noi, abbiamo la necessità di toccare con mano ciò che la maggior parte delle volte ci viene proposto in modo asettico e quasi criptato, senza la chiarezza richiesta dalla corretta informazione.
Christian è ben contento di raccontarci come Sea Watch si sia sentita in dovere di salvare più di 35000 persone da quando nel 2014 l’Operazione Mare Nostrum delle forze armate italiane è stata abbandonata; ci racconta come avvengono le operazioni di salvataggio e di contatto e come la “cosiddetta guardia costiera libica”, per usare le sue stesse parole, intralci le traversate con metodi tanto violenti da fare anche affondare barconi e gommoni. Facciamo un giro della nave, e diventiamo sempre più consapevoli di quanto profondamente diverse dalla realtà possano arrivarci le notizie di cronaca.23
Ci rendiamo conto di quanto, pragmaticamente, possa essere difficile “vivere” a lungo su un’imbarcazione del genere che non è certamente la nave da crociera dove trovare la vera pacchia…
Convinti, come Christian e l’intero equipaggio, che tutti possono fare qualcosa per migliorare la condizione degli immigrati, iniziando proprio dall’abbandonare “le politiche d’odio che non costano nulla” sostituendole con l’impegno della solidarietà.
Lasciamo la nave e salutiamo Christian che, ci dice, è “felice di sapere che esistono anche persone normali”.
Ripercorriamo il molo verso terra, quella terra che per noi è la nostra casa sicura ma che per molti immigrati non è altro che la continuazione di un martirio già iniziato da troppo tempo.
“You are the brave ones! The new heroes of history!”
-Voi siete i coraggiosi, i nuovi eroi della storia!
Giuseppe Alessandro Maria Finocchiaro, IV B